Come il mistero di Emanuela Orlandi venga tenuto a tutti i costi in scena ricorrendo sempre di più a invenzioni anche enormi e a omissioni incredibili comincia ad essere francamente imbarazzante. L’ultima è di come oggi si tenta di tenere a galla il “supertestimone” Luigi Gastrini, lanciato con gran fragore nel giugno 2011 dal Corriere della Sera e ora invece fresco di condanna a otto mesi di reclusione per alcune delle seguenti affermazioni:
– di essere stato l’”ex 007 dei servizi segreti militari italiani con il nome di codice Lupo”;
– di avere organizzato lui come supervisore presente sulla scena il “rapimento” di Emanuela;
– di averlo organizzato per conti si servizi segreti vari;
– che Emanuela “è viva e chiusa in un manicomio del centro di Londra”.
Oltretutto Luigi Gastrini con la sua versione contraddice la versione di Marco Fassoni Accetti, l’altro “supertestimone” rimasto su piazza dopo l’affondamento della “supertestimone” Sabrina Minardi (la donna che s’è inventato il rapimento e l’uccisione di Emanuela Orlandi e di un’altra ragazza, Mirella Gregori, per mano di Enrico Renatino De Pedis).
Fassoni Accetti infatti, come è fin troppo noto, sostiene che la scomparsa della Orlandi, e quella della Gregori, le ha organizzate lui. E che almeno Emanuela era d’accordo perché le venne raccontato che si trattava di un rapimento simulato con tanto di autorizzazione dei genitori… Quando le venne rifilata una tale balla non è dato sapere, ma si possono fare due osservazioni che rendono tale versione difficilissima da digerire:
– se a Emanuela fosse stato detto prima del 22 giugno che i suoi erano d’acccordo per la strana messinscena, è assolutamente impossibile che non ne abbia mai parlato con loro;
– se a Emanuela di un tale accordo fosse stato detto solo il 22 giugno, poco prima di entrare nella scuola di musica, è assolutamente impossibile da credere che non ne abbia fatto cenno con la sorella Federica quando le ha parlato al telefono poco prima di uscire da scuola. Non solo: si dovrebbe credere che Emanuela era talmente sciocca e sprovveduta da credere a una tale balla rifilatale per giunta dal primo venuto, un perfetto sconosciuto. Peccato però che i suoi genitori abbiano a suo tempo dichiarato a verbale che Emanuela era stata educata a non fidarsi degli sconosciuti.
Anche evitando di fare commenti, resta il fatto che se Emanuela – con il contorno di Mirella – l’ha “rapita” Fassoni Accetti, non può averla “rapita” anche “l’ex 007 Lupo” e viceversa. Eppure sul Corriere della Sera dell’8 novembre si cerca di far quadrare il cerchio: un “rapimento” esclude l’altro, Gastrini è stato condannato come mentitore, eppure… Eppure proprio Fabrizio Peronaci – il giornalista del Corriere che due anni fa lanciò la “supertestimonianza” di Gastrini con articoloni e interviste che ne avvaloravano tutti i fantastici racconti e che oggi sostiene la credibilità anche di Fassoni Accetti – ha scritto tra l’altro:
“Gastrini, che nel frattempo è riparato in Tunisia, ieri sera al telefono prometteva battaglia. «Questa è una congiura! Mi presento per dire ciò che so e mi condannano… Sto scrivendo un memoriale, se vuoi farti un giro a Tunisi ne parliamo». Finale sibillino: «Questo è l’anno giusto per la verità».
In effetti almeno un indizio sorprendente – sul quale è il fratello di Emanuela a testimoniare – esiste e merita un approfondimento: Gastrini nel 2011, incontrando Pietro Orlandi nei giardini di fronte alla stazione di Trento, parlò di un «finto prete» nell’auto in cui salì Emanuela il 22 giugno 1983 in corso Rinascimento.
Come mai il dettaglio è importante? Intanto perché la famiglia ha sempre sostenuto che la ragazza mai si sarebbe allontanata se non, forse, fidandosi di un sacerdote. E poi in quanto sempre di un «finto prete», di recente, ha parlato il superteste Marco Accetti, che ha confessato di aver organizzato il sequestro per conto di un gruppo di ecclesiastici contrari alla linea anticomunista di Wojtyla.
Marco Fassoni Accetti ha detto:
“Il prelevamento davanti al Senato avvenne con la partecipazione del signor De Pedis, che io fotografai. Nella Bmw c’era un nostro uomo in abiti talari, scelto in quanto somigliante a monsignor Liborio Andreatta, prelato della fazione avversa”.
Due tasselli del complicato mosaico – banda della Magliana e sacerdote – quindi s’incastrano. Il terzo elemento comune è l’autoaccusa. Ciò significa che di «Lupo», nonostante la condanna, si tornerà a parlare?” “.
Vedremo. Nel frattempo però è bene osservare alcune cose, decisamente strane.
Prima cosa. Nell’articolo del Corriere si legge anche ciò che vi era già stato scritto due anni fa, e cioè che Gastrini è un
“bergamasco trapiantato in Brasile, venuto appositamente in Italia per dire la sua verità sul caso Orlandi”.
Ma in Brasile dove? E quale sarebbe, dove sarebbe, la grande fazenda agricola che lo “007 Lupo” due anni fa ha raccontato a Peronaci di possedere in Brasile? E come fa Gastrini a mandarla avanti se a quanto sostengono al suo paesello nel bergamasco, una frazione di Caravaggio, non conosce il brasiliano, cioè la lingua portoghese? È francamente strano che su queste faccende l’articolo taccia, continuando così ad avvalorarle. Ad avvalorare cioè almeno in parte i racconti del fantasioso Gastrini.
Seconda cosa. Peronaci non fa cenno neppure questa volta alla truffa tentata nel giugno del 2011 con me, ma anche con altri giornalisti e qualche prelato milanese, da un avvocato milanese che raccontava di essere stato il legale della figlia di Gastrini e di parlarmi a nome dell’”ex 007 Lupo”.
“Trova tre milioni e mezzo di euro e ti portiamo a Londra a prelevare Emanuela Orlandi per portarla in Italia. Così diventi il giornalista più famoso del mondo”, mi propose l’avvocato, che avevo conosciuto negli anni ’70-’80 come legale del Soccorso Rosso.
“Gastrini ha anche scritto un memoriale con una sacco di notizie bomba persino sul sequestro e l’uccisione di Aldo Moro. Per 250.000 euro te lo fa leggere e per altri 250.000 te ne dà una copia”,
aggiunse il mio interlocutore come scrissi su Blitz il 10 agosto del 2011. Che dopo qualche giorno di trattativa si accontentò dell’offerta fattagli di persona dall’editore Alessandro Dalai, venuto con me a un appuntamento con il legale, di pagare 100.000 euro per un libro che raccontasse l’intera storia del “rapimento” della Orlandi. Cifra da pagare però solo DOPO avere avuto la prova inconfutabile, con esame del DNA e altro ancora, che si trattava davvero della Orlandi e non di un bidone. Ovviamente non se ne fece nulla.
Non se ne fece nulla, ma del tentativo di truffa, prontamente segnalato via mail a Fabrizio Peronaci, scrissi nuovamente su Blitz a settembre. Peronaci però non solo preferì non scrivere mai nulla in merito, ma, stando a quanto mi disse l’avvocato quando inferocito mi telefonò per minacciarmi di morte, preferì invece avvertire dei miei articoli su Blitz il mio interlocutore truffaldino.
Evito di commentare questa storia piuttosto intricata. Noto però che il memoriale dell’”ex 007 Lupo” rispunta ora da Tunisi nelle sua nuove affermazioni diligentemente riportate dal Corriere della Sera.
Sì, credo anch’io che di questo “ex 007 Lupo” spelacchiato ci toccherà leggere ancora. Sul Corriere della Sera, ovviamente: “È la stampa, bellezza”.
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